to be or not to be traduzione
Essere, o non essere, questo è il dilemma :
se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna
o prendere le armi contro un mare di affanni
e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo,
gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.
To be or not to be: testo
To be, or not to be, that is the question:
Whether ’tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune,
Or to take arms against a sea of troubles,
And by opposing end them? To die, to sleep…
No more, and by a sleep to say we end
The heartache and the thousand natural shocks
That flesh is heir to: ’tis a consummation
Devoutly to be wished. To die, to sleep.
To sleep, perchance to dream. Ay, there’s the rub,
For in that sleep of death what dreams may come
When we have shuffled off this mortal coil
Must give us pause. There’s the respect
That makes calamity of so long life,
For who would bear the whips and scorns of time,
Th’oppressor’s wrong, the proud man’s contumely,
The pangs of despis’d love, the law’s delay,
The insolence of office, and the spurns
That patient merit of th’unworthy takes,
When he himself might his quietus make
With a bare bodkin? Who would fardels bear,
To grunt and sweat under a weary life,
But that the dread of something after death,
The undiscovered country from whose bourn
No traveller returns, puzzles the will,
And makes us rather bear those ills we have
Than fly to others that we know not of?
Thus conscience does make cowards of us all,
And thus the native hue of resolution
Is sicklied o’er with the pale cast of thought,
And enterprises of great pitch and moment
With this regard their currents turn awry,
And lose the name of action.
to be or not to be analisi
Questo monologo sembra governato dalla ragione, e non dalla frenetica emozione.Incapace di fare poco per completare il suo piano di "catturare la coscienza del re" tramite la recita (la trappola per topi), Amleto da vita ad un dibattito interno sugli svantaggi e gli svantaggi dell'esistenza e sulla opportunita' di togliersi la vita, rendendo questo dibattito universale, riferendosi esplicitamente a tutti noi, usando il pronome NOI, riferendosi in particolar modo alle persone scoraggiate dalla vita.
Come gia' detto, Amleto ritiene che gli svantaggi del vivere superano i vantaggi, ma e' anche consapevole che la chiesa condanna il suicidio come peccato mortale.
Il monologo di Amleto e' interrotto da Ofelia che sta dicendo delle preghiere. Amleto si rivolge a lei come una ninfa, come spesso si usava nelle corti rinascimentali, ed in questo momento di intensa riflessione, implora la gentile Ofelia di pregare per lui. Alcuni critici, ritengono che la richiesta da perte di Amleto di essere ricordato nelle preghiere di Ofelia sia frutto del sarcasmo.
‘To Be Or Not To Be’ e' un paragone, parole in contrapposizione tra loro. Essere o non essere e' il dubbio di Amleto mentre medita sulla vita e sulla morte, tra l'essere (vivi) e il non essere.
Il paragone continua nel modo in cui si vedono la vita e la morte: la vita e' mancanza di potere, gli esseri umani sono esposti ai colpi della vita e dell'oltraggiosa fortuna. L'unico modo di schivare i colpi e' quello di non vivere.
Uccidersi potrebbe essere un modo di ottenere il non essere, se non fosse che Amleto teme le conseguenze del suo gesto, Vietato o comunque pieno di incognite sulle sue conseguenze.
Oh, se l'eterno non avesse stabilito la sua legge contro i suicidi.
LA morte, quindi, sarebbe uno stato desiderabile, a patto che non si ottenga uccidendosi da se.
E' niente piu' di un sonno, e la pausa della vita dopo la morte pone un freno e cambia direzione al nostro agire. Non possiamo controllare i nostri sogni, e quindi quali sogni possono venire in quel sonno di morte che ci procuriamo per porre fine alle nostre sofferenze? E se la vita dopo fosse peggiore della vita precedente proprio per le conseguenze dell'azione del suicidio?
Tanti rimorsi e pensieri, contrapposti ad un gesto semplice, che potrebbe essere banale, e compiersi con un semplice uncinetto. Ma morire è affrontare un viaggio nell'ignoto, attraversare il bordo tra il conosciuto e lo sconosciuto, andare in un luogo non presente nelle mappe, e da cui nessun viaggiatore ha mai fatto ritorno, dove potrebbero anche esserci degli orrori.
Per questoblockquote la coscienza, ci rende tutti vili Questa citazione ci arriva come una sentenza: vi è una dimensione religiosa in cui il suicidio è un peccato, che ci fa temere tale gesto.
Togliere la vita non e' peccato solo contro se stessi, ma anche e soprattutto nei confronti degli altri. Anche in questo caso la coscienza rende vile Amleto, e lo distoglie dall'azione di compiere la sua vendetta nei confronti di Claudio, il re assassino del suo stesso fratello (il padre di Amleto).
essere o non essere spiegazione
La citazione di Shakespeare essere o non essere esprime la domanda 'è meglio vivere o morire?'L'oggetto della meditazione di Amleto è il paragone tra gli inevitabili dolori della vita (un mare di affanni, i dardi e le frecce dell'oltraggiosa fortuna, i ritardi della legge etc) e l'incertezza della condizione umana dopo la morte, se questa dovesse giungere tramite il suicidio.
La riflesioni di Amleto è quindi tra l'opportunità o meno di suicidarsi, di scegliere il male minore tra gli affanni della vita e le (eventuali) conseguenze negative legate al suicidio, per mezzo della giustizia divina.
L'espressione dubbio amletico, diventata nel tempo di uso comune, si riferisce alla indecisione del principe di Danimarca di suicidarsi o meno.
La scelta di Amleto di non commettere suicidio è motivata dal timore dalle sue stesse parole, che implicano l'esistenza di una vita dopo la morte del corpo e di una giustizia divina che impone che la durata della nostra vita non possa dipendere da noi stessi, pena la dannazione (Oh, se l'eterno non avesse stabilito la sua legge contro i suicidi).
La chiave dell'intero monologo e dell'agire di Amleto, che rinuncia al suicidio, si trova in un'altra notissima citzione dell'amleto: 'life is bad, but death might be worse'.
la vita è male, ma la morte potrebbe esseer peggio.
Morire, dormire… nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo, perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci riflettere.
In questi versi troviamo uno dei concetti più ribaditi nel teatro shakespeariano, ovvero che la condizione dell'essere umano dopo la morte fisica è la stessa del sonno. Dopo la morte la vita continua senza il corpo e senza la mente, nel mondo dei sogni, come entità consapevole che ama, soffre, vive, continua il suo percorso evolutivo verso il divino.
Ad una vita terrena vissuta senza macchiare la propria coscienza segue una sonno tranquillo, una vita dopo la morte serena. D'altra parte, ai peccatori spetta una vita dopo la morte turbolenta, di sofferenza, di espiazione del peccato. Evidentemente Shakespeare condivide il divieto della religione cristiana in merito all'atto del suicidio.
È questo lo scrupolo che dà alla sventura una vita così lunga. Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo, il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo, gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge, l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo che il merito paziente riceve dagli indegni, quando egli stesso potrebbe darsi quietanza con un semplice pugnale? Chi porterebbe fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
Questo elenco è solo una minuscola parte dei mali e delle disgrazie da affrontare nella vita. Questa concezione negativa della vita è conseguenza di una mancata compensazione dei dolori dell'esistenza con le gioie che la stessa ci regala.
Tale realtà è una realtà distorta, folle, una visione generata in Amleto a causa della disillusione per il comportamento della madre, che sposa il fratello del defunto marito subito dopo la morte dello stesso. Fratello che, ad insaputa della madre di Amleto, ha avvelenato il Re di Danimarca, padre di Amleto.
il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
In queste parole Shakespeare esprime l'impossibilità di poter superare il dubbio riguardante la condizione umana dopo la morte, soprattutto quella di chi commette suicidio, in quanto nessuno può tornare a descrivere cosa succede quando abbandoniamo il corpo fisico.
In questi versi Shakespeare paragona il 'qualcosa dopo la morte" al "nuovo mondo" da cui, in quell'epoca di esploratori e viaggiatori, alcuni ritornavano in patria altri no.
Questi versi sembrano in contraddizione con le frequenti apparizioni di spettri e spiriti nelle opere di Shakespeare, compreso l'Amleto, dove il padre defunto compare più volte. Funzionale al monologo di Amleto è che le apparizioni, oltre ad essere dei casi eccezionali, comunque non rivelano mai nulla dell avita ultraterrena, e non possono quindi aiutarlo a risolvere i suoi dubbi.
Così la coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione.
I dubbi di Amleto sono frutto della propria coscienza, e dalla paura di corromperla. Una paura che si contrappone all'impeto e alla risolutezza della vita creando una distanza tra pensiero ed azione, che spesso porta alla inazione.
Nella tragedia di Shakespeare, Il tema della follia e del suicidio accomunano Amleto ed Ofelia. Mentre la follia di Amleto è solo dissimulata, quella di Ofelia è una follia reale.Non supportata dalla ragione di Amleto, Ofelia forse si toglie la vita, senza valutare le conseguenze, spinta dalla follia che era seguita alla delusione d'Amore patita per via del principe Amleto. Non è tuttavia certo se la morte di Ofelia sia dovuta a suicidio o se Ofelia sia accidentalmente caduta nel fiume.
essere o non essere: significato
analisi del tema del suicidio nell'Amleto di ShakespeareLa follia e il suicidio sono temi che collegano Amleto ed Ofelia, temi che permeano l'intera opera.
Amleto medita, lungo tutto il dramma, di togliersi la vita. A differenza di Amleto, Ofelia commette il suicidio, questa l'interpretazione maggiormente accettata sulla morte della giovane, sebbene non espressamente rivelata nel dramma di Shakespeare, dove anzi la morte di ofelia viene cosi' descritta dalla regina:
ella lassù, mentre si arrampicava per appendere l'erboree sue ghirlande ai rami penduli, un ramo, invidioso, s'è spezzato e gli erbosi trofei ed ella stessa sono caduti nel piangente fiume. Le sue vesti, gonfiandosi sull'acqua, l'han sostenuta per un poco a galla, nel mentre ch'ella, come una sirena, cantava spunti d'antiche canzoni, come incosciente della sua sciagura o come una creatura d'altro regno e familiare con quell'elemento. Ma non per molto, perché le sue vesti appesantite dall'acqua assorbita, trascinaron la misera dal letto del suo canto a una fangosa morte.
Per i più quella della regina è ricostruzione pietosa e consolatoria, queste infatti sono le parole che la regina Gertrude usa per riferire a Laerte(fratello di Ofelia) della sua morte per annegamento. Petosa, anche, per proteggere Ofelia dalla disapprovazione generale che sarebbe seguita se fosse stata diffusa la notizia della morte per suicidio.
I due monologhi in cui Amleto parla del suicidio, sono intrisi di speculazioni e riflessioni sulla religione, sui misteri e le leggi che governano la vita e la morte, e la vita dopo la morte. Amleto indaga sulla natura del SE, ed anche in questo senso può essere giustificata l'analisi delle conseguenze estreme della consapevolezza, fino alla autodeterminazione della durata dell apropria vita,del togliersi la vita da SE.
Oltre a motivazioni etiche, contro il suicidio si contrappongono anche motivazioni religiose. Il Cristianesimo condanna senza appello il suicidio, ed anche il funerale di Ofelia è pervaso dall'imbarazzo del clero, che sospetta che la giovane si sia tolta la vita.
Amleto pensa ripetutamente alla morte, e si chiede se il suicidio è una cosa moralmente legittima quando la vita risulti insopportabile. Il dolore di Amleto è tale che spesso desidera ardentemente di morire, ma allo stesso tempo teme che l'atto di suicidarsi porti ad una condanna senza appello: etica, religiosa e sociale ed, infine, l'inferno.
Nel celebre monologo essere o non essere, Amleto arriva alla conclusione che nessuno sopporterebbe il dolore della vita se non avesse paura di quello che potrebbe succedere nella vita dopo la morte, e che questa paura inibisce la capacità di azione di commettere suicidio.
differenza tra monologo e soliloquio
Sebbene il celebre discorso di Amleto sia generalmente definito monologo, in realtà si tratta di un soliloquio. La differenza è che nel monologo chi parla si rivolge ad un pubblico che ascolta, come ad esempio un discorso pubblico di un politico, mentre nel soliloquio chi parla parla da solo, con se stesso.In conclusione il soliloquio di Amleto affronta tre argomenti filosofici ed etici: